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Contagiate dall’amore…

…partiamo con gioia!

Con gioia, noi aspiranti di An Phu vogliamo dare testimonianza di come abbiamo vissuto il campo scuola  con i  giovani organizzato dalla nostra parrocchia.

C’è stata una grande partecipazione di giovani, di cui anche alcuni buddisti che con entusiasmo hanno vissuto una bellissima esperienza con noi  cattolici.

Tutti hanno messo da parte  le preoccupazioni della vita per vivere più intensamente il tempo donato.

Tutti sappiamo che quando il Signore chiama non fa preferenza di persone, ma per Lui siamo tutti uguali perché abbiamo sperimentato la grande solidarietà.

La prima cosa che abbiamo sperimentato è lo spirito allegro di ogni persona, la simpatia per la condivisione e l’aiuto  in ogni percorso del villaggio.

Attraverso i momenti di attività collettive, abbiamo sperimentato  la sincera apertura reciproca e in particolare la vita di fede.

Abbiamo scoperto che possiamo fare tante cose quando viviamo unite, più di quando siamo sole.

Grazie a ciò, abbiamo superato delle difficoltà  che ci hanno fatto capire che la vita è così bella … e con gioia vogliamo rispondere all’invito del Signore e seguirlo nella vita consacrata, che è un dono gratuito.

Oltre ad essere coinvolti nell’esperienza del gioco, lo stare insieme ci ha fatto capire di più  che bisogna abbandonare il nostro egoismo per essere dono  agli altri, come dice Gesù nel Vangelo.

Saper ascoltare, rinunciare ai nostri pensieri per essere in armonia con gli altri.

Abbiamo anche capito che per poter  giungere al fine di quello che vogliamo fare, dobbiamo aiutarci e affrontare insieme le difficoltà e le sfide che incontriamo in questa società.

Ringraziamo Dio, e ringraziamo la nostra superiora e la comunità  per averci dato l’opportunità di vivere e condividere questa esperienza con i giovani e dire loro che il Signore chiama tutti a seguirlo, noi abbiamo dato la nostra testimonianza attraverso semplici gesti fatti con amore.

Molti di loro  hanno chiesto: “È difficile e doloroso vivere nella vita di consacrata?”

“No,- abbiamo risposto – non è difficile se abbiamo un cuore aperto all’amore per la vocazione . Abbiamo vicino  Dio ogni giorno nella preghiera e  lo contempliamo nell’Eucaristia,  soprattutto ci piace coltivare  l’obbedienza a  Dio e seguire  l’esempio di Maria , nostra Madre, con lo spirito di unità, di umiltà e perseveranza  nell’amare  la nostra vocazione”.

Ci affidiamo alla vostra preghiera.

                                                                       Le aspiranti di An Phu

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Con Terra santa o Terrasanta si indica la regione compresa tra il Mar Mediterraneo e il fiume Giordano, attualmente divisa tra gli Stati di Israele e di Palestina. Storicamente, la regione è nota con il nome di Terra di Israele e successivamente come Palestina.

Un viaggio in Terrasanta è un’esperienza bellissima. Se poi si va come pellegrini la gioia e l’arricchimento è ancora più grande: guardare il cielo stellato contemplato da Gesù e Maria, percorrere le strade sulle quali hanno camminato Gesù e i suoi apostoli, e poi – lungo i secoli – tanti e tanti cristiani  è davvero un’esperienza unica. Il Giordano, il Mar Morto, le zone desertiche invitano alla contemplazione e alla preghiera…

Le visite a Nazareth, Betlemme, Gerusalemme, Cafarnao, Betsaida e a tante altre località fanno tornare indietro di 2000 anni e immergono i pellegrini in un mondo familiare e unico. Si riparte dalla Terra Santa portando scolpite nel cuore e negli occhi tutte le esperienze vissute e conoscenze acquisite.

Alla fine del pellegrinaggio si parte per tornare in Italia ma col desiderio di rivedere ancora quei luoghi tanto cari al cuore di ogni cristiano.

Santo Sepolcro

 

 

Missione in Rwanda

La Congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico prese il volo verso il Continente africano il 7 novembre 1975, rispondendo alla chiamata di Dio, mediata dal neo-eletto Nunzio Apostolico in Rwanda e Burundi, S.E. Mons. Nicola Rotunno. Mons. Rotunno, originario di Stigliano (Mt), era un ex-alunno della scuola materna delle Discepole di Gesù Eucaristico ed era stato ordinato sacerdote dal nostro padre Fondatore: fu spontaneo per lui rivolgere il suo appello a Madre Angelica Parisi, superiora generale dell’Istituto, chiedendo la collaborazione delle Discepole alla Nunziatura Apostolica di Kigali, in Rwanda.

Monsignor Nicola Rotunno con Papa Giovanni Paolo II

Il Rwanda è uno stato piccolissimo, grande quanto una regione italiana, situato nel cuore del continente africano; ora tristemente famoso per i massacri del 1994, a quel tempo era sconosciuto, oltre che sottosviluppato e quindi poverissimo. Rientrava a pieno titolo nella categoria di quei piccoli paesi, di quelle opere umili, che il Padre ci ha indicato come campo privilegiato del nostro apostolato.

Mons. Rotunno amava la nostra Famiglia Religiosa e, mentre le chiedeva un servizio in Nunziatura, si proponeva di aprirle un nuovo orizzonte: la missione in Africa.

La Madre Angelica accolse con entusiasmo l’invito, scorgendovi un disegno divino; lo rilanciò alla Congregazione, mediante una lettera circolare volta a saggiarne l’apertura missionaria e a creare nelle Discepole le disposizioni interiori per una risposta generosa. Furono scelte come pioniere Sr Rosalba Pagliaro, Sr Filippina Grande e Sr Emidia Di Nobile.

Il 7 novembre del 1975 decollarono dall’aeroporto di Fiumicino, accompagnate dalla stessa Madre Angelica e dalla Segretaria Generale Sr Bianca Maria Ippolito.

Toccarono il suolo rwandese il 9 novembre, accolte con gioia dal Nunzio Apostolico. C’era emozione e speranza nelle protagoniste, ma anche in tutte le Discepole, poiché l’Africa era un campo nuovo, immenso e interessante, che si apriva davanti a noi, memori del fine della Congregazione, che contempla, come punto essenziale, il desiderio che il regno eucaristico si estenda nel mondo, così che “in ogni angolo della terra si elevi un altare e un tabernacolo” (cf. Cost. 1933 art. 1; Cost. 1985 art. 4).

Le tre sorelle generose, che avevano risposto di sì alla proposta della Madre, intrapresero con slancio la singolare avventura, confidando nell’aiuto del Signore. Il Nunzio le incoraggiò e fin dai primi giorni alimentò il loro zelo missionario, conducendole a visitare la missione parrocchiale di Kicukiro, a 8 Km da Kigali, dove operavano i Padri Salesiani. Perciò fin dall’inizio, mentre assolvevano il servizio richiesto dalla Nunziatura apostolica, le nostre sorelle si recavano spesso a Kicukiro per svolgervi un’opera promozionale ed evangelizzatrice, in collaborazione con la parrocchia. In particolare, intrattenevano le giovani, insegnando i lavori femminili: cucito, ricamo, lavoro a maglia ecc. Era una preziosa opportunità per conoscere la vita e la cultura rwandese, incontrando giovani, bambini, visitando le famiglie. Cominciarono ad aiutare i poveri, collaborando con la Caritas parrocchiale. Intravidero presto gli enormi bisogni della gente del posto e quello che si poteva fare per loro. Gesù Eucaristico era al centro di ogni iniziativa; l’adorazione cominciò ad attirare i meglio disposti alla preghiera. Dopo alcuni mesi, essendosi inserite in quell’ambiente e avendo conosciuto la gente, sentirono la necessità di stabilirsi in quel posto. Come conciliare altrimenti il lavoro alla Nunziatura con le attività apostoliche intraprese in seno alla parrocchia? Bisognava avere a Kicukiro una casa con una comunità. Fu acquistato un terreno adiacente alla parrocchia, per costruirvi una modesta abitazione ed una sala che fungesse da atélier, per accogliervi le ragazze. C’erano già alcune giovani che chiedevano di condividere la nostra vita e bisognava pensare a un ambiente dignitoso, anche se povero, in cui accoglierle per la loro prima esperienza e formazione.

Il 24 maggio del 1978 fu posta la prima pietra della prima casa delle Discepole in Rwanda. La Madre Angelica fu invitata alla cerimonia con il seguente biglietto: “In occasione del 100° anniversario della nascita del loro Fondatore, il Vescovo Raffaello Delle Nocche, le Suore Discepole di Gesù Eucaristico pregano la Madre Generale Sr Angelica Parisi di onorarle della sua presenza, mercoledì 24 maggio 1978 alle ore 16.00, presso la parrocchia di Kicukiro, per la cerimonia della posa della prima pietra dell’atélier per ragazze e della Casa delle Suore. La cerimonia sarà officiata dal Nunzio Apostolico in Rwanda e Burundi, S.E. l’arcivescovo Nicola Rotunno. Un ricevimento avrà luogo subito dopo la cerimonia”.

La casa delle Suore e l’annesso atélier furono poi inaugurate nel 1979, con la presenza della Vicaria Generale Sr M. Antonietta Mignella. Per poter formare la nuova comunità si erano aggiunte al gruppo Sr Fulvia Miraglia e Sr Grata Gioia. Le Discepole avevano finalmente la loro missione, mentre Mons. Rotunno si apprestava a lasciare il Rwanda, avendolo il Papa trasferito nello Sri Lanka. Aveva compiuto per noi la missione di angelo custode dei primi passi della Congregazione in Africa.

Le Suore, encomiabili nel loro zelo missionario, con il contributo di volontari e benefat-tori, allargarono il loro raggio di azione, sempre in collaborazione con la parrocchia.

Fu costruita la Cappella, dove ben presto le Suore, le giovani e i fedeli cominciarono ad alternarsi nell’adorazione a Gesù Eucaristico, esposto con semplicità sul povero altare di legno. Così la comunità testimoniava anche visibilmente l’amore all’Eucaristia, centro della sua vita e fonte della sua attività caritativa e apostolica.

Nel territorio della Parrocchia, a una ventina di chilometri da casa, si aprirono due Centri Nutrizionali: uno a Busanza, l’altro a Gahanga. Tali Centri erano frequentati da centinaia di mamme con i loro bambini malati di denutrizione o malnutrizione. Le Suore, con la collaborazione di personale rwandese preparato, le accoglievano, le ascoltavano, le istruivano e fornivano viveri e medicine, perché potessero curare e nutrire correttamente i loro figlioletti.

Un gruppo di Discepole col Nunzio Apostolico in Rwanda Mons. Morandini
Anno 1987

Accanto alla Casa delle Suore sorgeva intanto una scuola materna, composta soltanto di due aule, per accogliervi i bambini, con lo scopo di aiutarli a crescere sani ed educarli nei valori umani e cristiani.

Gradualmente, negli anni che seguirono la costruzione fu completata ed arredata, in modo da poter soddisfare le esigenze di una vera scuola.

Per un certo periodo, seguendo la sensibilità dell’istinto materno, le suore si dedicarono anche alla cura di bambini portatori di handicap, pur non possedendo i requisiti richiesti, valendosi però della collabora- zione di un’istituzione competente.

Intanto il carisma delle Discepole contagiava le giovani rwandesi.

Quelle che mostravano vocazione religiosa venivano accolte nella casa costruita per loro e seguite nella loro vita quotidiana: facevano esperienza della vita di comunità, collabora-vano nelle opere delle Suore e ricevevano istruzioni da alcuni religiosi missionari per la loro formazione umana e religiosa.

Le difficoltà non mancavano, ma il Maestro Eucaristico sosteneva le sue Discepole e si serviva di loro per chiamarne altre al suo seguito. Soltanto le Discepole rwandesi avreb-bero potuto operare efficacemente nella promozione ed evangelizzazione del popolo rwandese, principalmente per il motivo che esse ne conoscevano la lingua, l’indole e la cultura. Già da aspiranti, guidate dalle formatrici, esse spargevano il seme della Parola e diffondevano il Carisma dell’adorazione e riparazione eucaristica, nella misura che lo assimilavano esse stesse condividendo la vita della comunità. Erano impegnate nella catechesi, nella scuola, nei centri nutrizionali, nell’atélier e nell’aiuto ai poveri e ai malati. Ma la Formazione subiva lentezze e rinvii, per mancanza di strutture e di persone che vi si dedicassero in maniera sistematica. Nel 1985 iniziarono i lavori per la costruzione del Noviziato e nell’aprile dell’86 le prime tre postulanti rwandesi fecero ingresso in Noviziato. Il 5 giugno 1988, con immensa gioia celebrammo la Professione religiosa delle prime tre Discepole rwandesi: Sr Savera, Sr Donata e Sr Maria Goretti.


Missione di Kicukiro 1988

Ne seguirono altre, con ritmo regolare fino al 1994, quando il Paese fu sconvolto dall’im-mane tragedia del genocidio e dei massacri, le cui tristi conseguenze durano ancora. Fino a quella data si erano realizzati notevoli progressi, sebbene tra mille difficoltà e con tanto sacrificio, specialmente a partire dall’ottobre del 1990, quando iniziarono le ostilità fra i ribelli del Fronte Patriottico Rwandese e l’esercito regolare del Rwanda. Nel 1989 una seconda comunità era stata fondata a Nyarurema, dove alcuni sacerdoti italiani della diocesi di Lucca guidavano una parrocchia di recente fondazione. La località era proprio vicina al confine con l’Uganda, da cui nel ‘90 cominciarono a penetrare i ribelli. La vita della comunità, che era iniziata sotto i migliori auspici, subì la sorte comune. I ribelli facevano continue incursioni, seminando morte e sofferenze tra la popolazione del luogo; non c’era più alcuna sicurezza. I volontari italiani, che prestavano lì la loro opera nel Centro Nutrizionale e nel Centro di Sanità, abbandonarono il campo per far ritorno in Italia. Fu allora che, sebbene non fosse nei nostri programmi, a causa dell’emergenza, le suore si occuparono anche della direzione del Centro di Sanità, con i feriti che arrivavano di continuo a chiedere soccorso. I sanguinosi assalti ripetuti costrinsero la popolazione a spostarsi e ad accamparsi ogni volta, alla meglio, in capanne di frasche che si costruivano là per là con le loro mani, per avere un riparo. Anche le nostre sorelle di Nyarurema dovettero abbandonare la loro casa, i sacerdoti la parrocchia, ma scelsero di restare accanto alla loro gente, per condividere la loro precarietà e fare di tutto per alleviare le loro sofferenze, continuando a procurare viveri, indumenti e medicine, a prodigare cure, a collaborare nella pastorale parrocchiale.

Dal ‘90 al ‘94 la situazione divenne sempre più grave: quante volte dovettero fuggire ed accamparsi in un luogo ritenuto più sicuro! Le nostre sorelle per tutti quegli anni vissero eroicamente il comandamento dell’amore, rischiando la vita con i fratelli, condividendo l’angoscia e la precarietà della situazione, pur potendo mettersi al sicuro, trasferendosi a Kicukiro. Alcune di loro, a causa dell’etnia, erano perfino minacciate dai loro beneficati, ma non abbandonarono il campo; con sacrificio e dedizione ammirevoli, incuranti del pericolo, vollero restare accanto ai loro “déplacés”.

Nonostante l’insicurezza della situazione generale, si sperava nel termine delle ostilità e, siccome i membri della comunità aumentavano, si cominciò a pensare a una terza comunità. Esaminate varie possibilità, la scelta cadde su Bicumbi, con un progetto “ambizioso” che gli eventi impedirono di realizzare. Nel ‘93 si cominciò a costruire la Casa, ma due suore con tre aspiranti che studiavano nella vicina scuola secondaria, si adattarono in una casetta che era stata costruita dagli “Amici del Rwanda”, volontari che nel periodo estivo prestavano la loro opera in quella parrocchia. Nel marzo del ‘94 la Casa era pronta e la comunità vi si trasferì, ma non vi trascorse che pochi giorni, poiché dovette abbandonarla, dopo le atrocità di cui era stata spettatrice impotente.

Il cammino della Missione, proprio quando sembrava consolidarsi, fu così bruscamente interrotto da un orribile spettacolo di violenza fratricida, da un odio irrefrenabile, cieco, travolgente. L’unica cosa da fare era cercare di salvare vite umane, cominciando dalle più vicine. Avemmo la fortuna, grazie a Dio e alla sensibilità delle autorità che si misero in moto tempestivamente, di poter riparare in Italia con tutte le sorelle rwandesi, tranne le aspiranti che si trovavano in famiglia per le vacanze pasquali. Tutto quanto era stato costruito con sacrificio durante circa vent’anni, rimaneva abbandonato al saccheggio e alla furia distruttiva delle bande armate, nonché alla bramosia di chiunque volesse approfittare della sciagura altrui. Quando infatti, cessata la carneficina, tornammo per gruppi, trovammo a mala pena i muri imbrattati. Tutto il resto portato via o danneggiato. Con pazienza, lentamente si ricominciò, ma più che le case e le suppellettili, si trattava di ricostruire le persone: distrutte dentro, traumatizzate, inebetite, abbrutite.

Le nostre missioni rinacquero dalle rovine, una dopo l’altra: Kicukiro, Nyarurema, Bicumbi, a distanza di un paio d’anni l’una dall’altra. Nel novembre del ‘94, le prime suore fecero timidamente ritorno a Kicukiro. Era ancora emergenza. Fu richiesto alla comunità di prendere la direzione del Centro di Santé, che era stato costruito dai volontari italiani di Progetto Mondialità e dalla Diocesi di Ugento gemellata con la Diocesi di Kigali; il Centro era stato provvisoriamente gestito da “Medici senza frontiere”. Si verificò un altro orribile eccidio in un vasto campo-profughi situato a Kibeho e in quella circostanza fu chiesto alle suore di ospitare un folto gruppo di bambini rimasti senza i genitori, morti o dispersi. Le suore si dedicarono come sempre alla cura di questi orfani finché non fu trovata per loro una sistemazione. A febbraio del ‘95 tornarono altre suore rwandesi per dar man forte alle italiane. A maggio dello stesso anno tornarono le novizie e le postulanti con la Maestra.

Ma poi i superiori, esaminata la situazione, credettero opportuno chiudere il Noviziato del Rwanda: le postulanti tornarono in Italia per il Noviziato. All’inizio del ‘96 si riaprì Nyarurema, in un’altra casa, poiché la prima non era più agibile.

Come prima della guerra, questa comunità collaborava strettamente con la parrocchia, sia sul piano pastorale che su quello umanitario; estendeva la sua azione anche alla vicina parrocchia di Rukomo. Era una comunità decisamente apostolica, amata dalla gente, anche se non era più quella conosciuta prima della guerra; infatti era costituita in maggioranza dagli ex-rifugiati in Uganda e in Zaire, rientrati in patria nei luoghi abbandonati dai fuggiaschi.


Prima Professione di due DGE rwandesi

Nel ‘98 si riaprì la casa di Bicumbi, quella che conservava i ricordi più tristi, per essere stata testimone di un eccidio spaventoso. Anche qui c’era stato un travaso di popolazione, se pur meno generalizzato. La situazione era tesa, la convivenza delle due etnie più difficile, poiché i ricordi del genocidio e delle successive vendette erano ancora vivi e terrificanti. Le Suore vi furono accolte con gioia e incontrarono collaborazione pronta ed affettuosa. La miseria era molta, la sofferenza profonda. La parrocchia era lontana, c’era una chiesa succursale dove il sacerdote arrivava una volta al mese e solo allora si poteva celebrare la Messa. Le altre domeniche ci si doveva contentare della Liturgia della Parola seguita dal Rito della Comunione. La comunità delle Suore compiva ogni giorno questo Rito dopo la preghiera delle Lodi e la meditazione. Era questa per noi la più grande privazione e, se un sacerdote vi capitava di passaggio, immediatamente chiedevamo il dono inestimabile della Celebrazione Eucaristica. Ma tutto si volge in bene per chi ama il Signore e accetta la sua volontà. Imparammo ad apprezzare meglio il più gran Dono dell’Amore di Dio e sentimmo più profonda l’esigenza di supplire alla sua mancanza sacramentale con la nostra offerta viva, diventando noi un’eucaristia vivente, impegnan-doci a testimoniare il significato di questo Sacramento.


Prima Professione di due Discepole di G.E.
a Kigali – Rwanda

Con slancio le suore si misero all’opera: c’era tanto da fare per andare incontro ai bisogni della gente. Si iniziò ad accogliere le giovani nella nostra stessa casa per dare vita a un atélier che permettesse loro di apprendere un lavoro remunerativo e prepararsi un avveni- re migliore. Si iniziò anche la scuola materna con un gruppo di bambini accolti in un garage, che per loro era bello, in confronto alle loro capanne. Intanto, col finanziamento della Comunità Europea, si costruiva la Scuola Materna prima, l’Atélier poi. C’era l’entusiasmo degli inizi, ma nello stesso tempo tristezza e senso d’impotenza di fronte ai tanti poveri malati ed affamati, che ricorrevano a noi pieni di speranza, per soddisfare le loro primarie necessità, risolvere i loro problemi e talvolta realizzare il sogno di accedere alla cultura, cioè poter frequentare una scuola.

Il vicino dispensario era povero di personale competente e di mezzi per curare i malati. La scuola rimandava a casa i bambini che non potevano comprarsi l’uniforme o pagare la retta, ma quei bambini non potevano nemmeno mangiare una volta al giorno e a scuola si addormentavano sui banchi. Noi non potevamo aiutare tutti ed era il nostro cruccio.

Intanto le Discepole rwandesi crescevano, un buon gruppo aveva emesso i Voti Perpetui. Il Noviziato riapriva i battenti.

Nel 2000 celebrammo un triplice Giubileo: quello universale dei 2000 anni di Cristiane-simo, quello nazionale del Centenario della Chiesa Cattolica in Rwanda, quello particolare del 25° della presenza delle Discepole in Rwanda. Quest’ultimo fu celebrato con semplicità e solennità ad un tempo, il 9 novembre.

La Madre Aurea, il Nunzio Apostolico Mons. Salvatore Pennacchio, l’Arcivescovo di Kigali, Mons. Thaddée Ntihinyurwa, il Vescovo di Byumba, quello di Gikongoro e tanti sacerdoti a noi vicini ci onorarono della loro partecipazione. Fu un incontro di preghiera e di gioia, un trionfo dell’Eucaristia.

Fu un’occasione per far meglio conoscere alle persone invitate la Congregazione, il suo Fondatore, il suo Carisma. Soprattutto fu un inno di ringraziamento per i benefici ricevuti in 25 anni, vissuti nella luce e nella forza attinte incessantemente nella quotidiana adorazione eucaristica.

L’ultimo atto della festa fu la Professione perpetua di cinque suore. In quell’occasione la Madre Aurea tracciò un profilo storico, ringraziando tutti coloro che hanno contribuito alla nascita, alla crescita e al consolidamento della Missione del Rwanda.

Ma, come recita il salmo 126, “se il Signore non costruisce la Casa invano si affaticano i costruttori; se la casa non è custodita dal Signore invano veglia il custode”.

Davvero nelle vicende più svariate della nostra vita in Rwanda, è visibile la Mano di Dio, che ha voluto e vuole lo sviluppo della Missione, nonostante tutte le nostre debolezze e infedeltà. Siano rese grazie a Lui, autore di ogni bene, che si serve di poveri strumenti per soccorrere gli umili e i poveri del suo Regno, per mostrar loro la fedeltà del suo Amore.

 Suor Marilinda Ciccarese

 

 

Missione Mozambico a Pemba e Namuno

Quando ripenso al mio viaggio in Mozambico insieme a Sr Marilinda, segretaria generale del Consiglio generalizio delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, un profondo senso di nostalgia mi avvolge, mentre la mia anima corre veloce per le strade asfaltate, altre volte in terra battuta, fino ad arrivare alle porte delle missioni di Pemba e Namuno, dove risiedono le nostre eroiche Suore, che dedicano la loro preziosa esistenza al servizio delle persone più deboli, per amore di Gesù.

Partiti da Roma Il 5 luglio 2016 alle ore 23:45, a bordo della compagnia aerea Etiopian fino ad Adis Abeba, facemmo scalo successivamente in Kenia e finalmente a Pemba, in Mozambico, dove arrivammo il giorno 6 Luglio alle ore 18:30 circa.

 Pemba è una città portuale in via di sviluppo, si trova più o meno geograficamente al centro del Mozambico sulla costa orientale bagnata dall’oceano indiano.

All’aeroporto c’erano ad attenderci Sr Marta (Brasiliana) e Sr Anastasia (Indonesiana) con alcune ragazze della missione. Caricati i bagagli sulla macchina, ci avviammo verso casa. Durante il tragitto, ormai sera, la scarsa illuminazione stradale lasciava comunque intravedere i contorni di una città essenziale, che vive soprattutto di commercio, mentre il cielo risplendente di stelle invitava alla contemplazione della volta celeste.

La casa di Pemba, dove vivono le nostre suore appartiene alla Diocesi. Costruita in stile coloniale, con il tetto in amianto, ospita in totale, tra piccole e grandi, circa venti persone. Varcato il cancello d’ingresso, ci imbattemmo in Sr Carmen, insieme alle ragazze e le bambine più piccole, che, alla nostra vista, intonarono canti in lingua Macua, al ritmo dei tamburi che vibravano insieme alle parole nel mio corpo come musica guaritrice.

La missione di Pemba, oltre a gestire una bellissima scuola materna, costruita nuova con i sacrifici dell’Istituto poco fuori Pemba, nella zona nuova, in forte sviluppo urbano, offre riparo a bambine sottratte ad un destino spregevole, spesso vittime di una violenza che si consuma innanzitutto tra le mura domestiche. Trascorsi alcuni giorni, sistemato un poco l’impianto elettrico della scuola materna di Pemba, e dopo aver fatto il cambio gomme, partimmo insieme a Sr Cassilde per la missione di Namuno.

Namuno, distante circa 170 Km da Pemba, è raggiungibile per un tratto attraverso la strada statale. Durante il tragitto ci si può fermare in alcuni villaggi per fare la spesa. I mercati infatti sono a ridosso della strada e ogni volta che una macchina sosta, viene circondata da persone e ragazzi che, esponendo insistentemente la loro merce, cercano di venderla.7

Tappa quasi obbligatoria del percorso è Montepueze. Fummo accolti nella casa delle suore della Consolata, che ci offrirono la loro ospitalità.

 Da Montepueze, in direzione Namuno, la strada asfaltata lascia il posto a quella in terra battuta, di colore rosso, e le macchine attraversandola alzano nuvole di polvere alte quattro cinque metri che ricadendo si posa sulle case, sugli alberi e le persone, le quali senza lamentarsi la percorrono a piedi.

Arrivati a Namuno, c’erano ad attenderci Sr Fortunée e le ragazze aspiranti, le quali iniziarono a far festa cantando.

La missione di Namuno è una struttura costruita dai padri Olandesi religiosi Monfortani, che durante la guerra furono cacciati e dovettero abbandonare quanto avevano costruito per lo sviluppo di quella zona. Tutto è stato distrutto dalla guerra interna delle due fazioni eternamente in lotta, dopo l’indipendenza dal colonialismo portoghese (1975).

In casa, senza acqua potabile e luce, le nostre due eroiche suore pregano, lavorano senza sosta dal mattino fino alla sera, per poter far fronte alla scuola materna, ai lavori della campagna e all’accoglienza delle persone che continuamente vengono in cerca d’aiuto.

La S. Messa, nella diroccata Chiesa del Villaggio, viene celebrata la Domenica, a turno, dai due padri Pallottini Brasiliani, chiamati dal nuovo Vescovo, che si propone di raccogliere fondi per la ricostruzione dell’intera missione.

Una sola volta la settimana la chiesa cadente si anima di donne, uomini e bambini che insieme ai Padri e alle Suore celebrano l’Eucarestia per ben due ore di seguito, senza stancarsi. Si leggono le letture, prima in lingua locale poi in lingua Portoghese, insieme si partecipa all’Eucarestia distribuita dal sacerdote, in pisside di plastica.  Ringrazio Dio, perché mi ha aperto gli occhi facendomi vedere e capire a questa latitudine che l’Eucarestia celebrata, adorata e vissuta trova la sua espressione più forte in queste terre, le quali, seppur tanto martoriate, hanno un’anima aperta e consapevole che la vita è un dono e va vissuta con gioia.

Un mio profondo ringraziamento va alla Madre Generale Sr Maria Giuseppina Leo che mi ha incoraggiato e sostenuto in questa missione, a tutto il Consiglio Generalizio e alla mia compagna di viaggio Suor Marilinda.

Infine, non finirò mai di ringraziare le suore che in Africa mi hanno accolto come un fratello: Sr Carmen, Sr Marta, Sr Anastasia, Sr Cassilde, Sr Fortunée, i Padri Pallottini Brasiliani e tutte le persone incontrate, in particolare i bambini.

Giuseppe Capasso, laico DGE

Giovani adoratrici del Mozambico

Testimonianza

Il Cristo ha fondato la Chiesa come mediazione di salvezza di ogni uomo e di tutto l’uomo e le ha dato anche i mezzi, che sono la Parola e i Sacramenti, ordinando ai discepoli, prima di ascendere al cielo: ”Andate in tutto il mondo, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Chi crederà e si battezzerà sarà salvo…”

Come ogni consacrata così ogni suora Discepola di Gesù Eucaristico partecipa con la “chiamata” a quest’opera di salvezza, accogliendo il “carisma”, cioè il “dono” dello Spirito ricevuto e trasmesso dal Venerabile Raffaello Delle Nocche, vescovo di Tricarico (Mt) e Fondatore della nostra Famiglia religiosa.

Egli era “un innamorato silenzioso” dell’Eucaristia e ha voluto che l’Eucaristia fosse il centro della nostra spiritualità nel suo duplice aspetto: “sacrificale e conviviale” e della nostra missione.

Gesù, l’Inviato del Padre, muore e risorge per salvare l’umanità, facendosi pane di salvezza fino alla fine dei tempi.

Noi discepole come viviamo concretamente il “dono” ricevuto?

Prendendo a modello il Maestro eucaristico e la Vergine Addolorata, che ha partecipato intimamente all’opera salvifica del Figlio.

Mettendo a fondamento della nostra vita le tre massime evangeliche:

  1. Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore. (Mt,11,29)
  2. Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. (Mc.8,34)
  3. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli se avrete amore l’uno per l’altro. (Gv.13,35)

Inoltre vivendo il Comandamento nuovo e il Gesto di servizio (la lavanda del piedi) compiuto da Gesù nell’ Ultima Cena.

La missione di noi Discepole dunque comincia ai piedi dell’altare con l’adorazione perpetua di Gesù Vivente nella SS.ma Eucaristia, per discendere con l’apostolato ai fratelli facendoci tutte a tutti per portare tutti a Cristo.

Sull’esempio dell’amore del Divino Maestro, diveniamo samaritane per ogni forma di povertà, di abbandono, di sofferenza in cui viene a trovarsi l’uomo: nei piccoli paesi, nei luoghi e nelle opere più disagiate, attente ai bisogni, alle sfide della storia, ma  in ascolto dello Spirito, del Magistero della Chiesa e   sempre nella fedeltà al “dono” ricevuto.

Operiamo in Italia, in Brasile, in Rwanda, nelle Filippine, in Mozambico, in Indonesia, in Timor Est, In Vietnam e in Messico per la promozione umana nel campo educativo, assistenziale, nella custodia della vita, nel servizio catechetico-liturgico in collaborazione con le parrocchie, nei Centri  eucaristici, nella cura e formazione degli Adoratori, dei Laici associati che condividono nello stato laicale il nostro carisma eucaristico-mariano, nell’evangelizzazione, nell’accoglienza degli immigrati, sempre preferibilmente nei paesi piccoli ed abbandonati, nelle opere umili,” senza cristallizzarci mai nei mezzi, secondo quanto ci è stato ripetutamente raccomandato dal Venerabile P. Fondatore.

La nostra identità nella Chiesa e nel mondo è di essere “contemplative nell’azione”.

Madre Aurea Perniola DGE

Convegno Usmi Basilicata

“Cambiamento e qualità di vita evangelica”. Quale profezia della Vita Consacrata?

Questo è stato il tema del convegno USMI Regionale della Basilicata, al quale noi religiose dei diversi Istituti abbiamo partecipato dall’11 al 13 Febbraio. Quest’anno la presidente dell’ USMI, Sr. Licia, e il consiglio, hanno invitato la Madre Regina Cesarato PDDM, come relatrice in questo convegno. Ogni comunità delle diverse diocesi di appartenenza si è organizzata circa le modalità del viaggio e la permanenza all’Hotel Heraclea – Policoro (Mt).

C’era una grande gioia evangelica quando noi religiose ci incontravamo e ci salutavamo, soprattutto per la numerosa presenza. La presenza di ognuna di noi era una ricchezza, perché attraverso il nostro essere consacrate mostravamo la gioia del Vangelo. Ci siamo tutte accorte che ci guardavano e rimanevano colpite della nostra libertà nel parlare nonostante le nostre diversità: le culture, i colori della nostra pelle, la lingua, il modo di esprimerci, gli abiti che indossiamo e tanto altro. Non c’era bisogno di tante parole, perché lo scopo era unico, quello di essere unite allo Sposo, che ci chiama ogni giorno a portare la buona notizia a tutta la gente di buona volontà.

Il primo incontro di questo convegno è stato il saluto introduttivo della relatrice, ci ha dato un gran segno d’accoglienza, come sempre quando c’è questa possibilità e opportunità. Tutte eravamo in ascolto  mentre la relatrice parlava e spiegava il tema del convegno. Dopo la breve introduzione, alcune facevano domande e richieste e la madre rispondeva utilizzando la Sacra Scrittura, dove si trovano tutte le risposte di Nostro Signore Gesù e gli esempi da seguire nel nostro cammino di vita consacrata. Alla fine siamo rimaste nella sala d’incontro per proseguire la preghiera del vespro, animata e guidata da una sorella di ogni Istituto.

    Alle ore 20:00 ci siamo riunite nella sala da pranzo per la cena e ognuno era libera di scegliere il posto. Era un dono molto grande quando si condivideva, si raccontava, si dicevano delle parole belle con la novità che si vive oggi nel nostro mondo così cambiato. Si parlava con le sorelle che non appartengono allo stesso Istituto, e si sentiva la forza e il coraggio dello Spirito che soffia in ciascuno di noi.

IL secondo giorno di convegno si parlava di come si vive in questo tempo di grazia, nel quale l’eternità di Dio è già entrata. Geograficamente, avevamo origini molto diverse, ma tutte avevamo ricevuto la grazia della vocazione ed è importante che ogni singola persona sappia accogliere la persona che viene da un altro mondo. E’ un incontro di cui rendere grazie al Signore, perché la vita di ognuna è una vocazione fondamentale. Il nostro desiderio è quello di avere fiducia in Dio. La vita non cambia, ci vuole la fede. È personale la nostra relazione di fede con il Vivente, il Risorto. Ognuno di noi è una storia sacra e vive con un cuore grande e apostolico. La nostra vocazione come Discepole di Gesù Eucaristico è centrata proprio sulla preghiera illuminata dalla Parola di Dio che ci guida ogni giorno. La Chiesa ci offre sempre nuovi documenti per aiutarci a comprendere il senso della nostra offerta senza misura. Ognuna è responsabile dell’altra, ecco perché il dialogo è molto importante e non possiamo dire che non abbiamo tempo. È una grazia che una consorella chieda all’altra di parlare. Insieme ci aiutiamo correggerci. La madre quando parlava di tutto questo si rapportava sempre al vangelo. Il coraggio ci aiuta a essere forti anche nelle difficoltà perché non c’è timore in chi vive nella pace con il Signore. La nostra missione inizia dal proprio ambiente imparando ad amare chi ci sta accanto. Alle ore 12.00 ci siamo riunite per lodare il Signore nella Chiesa vicina all’Hotel. Ognuna era felice di partecipare al banchetto spirituale. Le suore giovani animavano la liturgia.

E così ringraziamo il Signore per tutti i doni che abbiamo ricevuto e ancora per quelli che riceveremo. L’Eucarestia, che è la nostra forza, sazia la fame della nostra esistenza e ci dona vigore per continuare a vivere fino a che il nostro Dio vorrà portarci al suo regno senza fine.

La sera dopo cena le giovani suore preparavano i giochi. Tutti erano invitati alla gioia perché nello stare insieme si provava il senso della fraternità.

L’ultimo giorno si è parlato della missione e la madre prendeva esempi dai tanti personaggi biblici, cominciando dai grandi profeti fino agli Apostoli. La nostra missione è un cammino che si compie soltanto quando rimaniamo nell’abbraccio di Dio Onnipotente. Quando parteciperemo al banchetto celeste porteremo il nostro profumo di Santità, le lacrime di gioia e il bacio di un amore sincero verso il Signore. Questi sono i tre segni tipici della vita consacrata. La donna che asciugò i piedi di Gesù con i suoi capelli aveva capito l’importanza della presenza di Gesù. Noi consacrate siamo chiamate ad essere un segno di  amore senza calcolo, nella generosità e nella gratuità. Se entriamo in questa dinamica c’è sempre la novità. La nostra è una vita profumata, svuotata e spezzata che va condivisa con tutti i fratelli che incontriamo ogni giorno.

Gratitudine è la parola che possiamo esprimere tutte quante noi che abbiamo partecipato a questo convegno. Andiamo avanti senza mai stancarci, in questo mondo pieno di novità. La profezia di questo mondo cambiato non è la tecnologia, nemmeno i mezzi di comunicazione, ma siamo noi. Quando cambiamo vita è allora che il nostro mondo cambierà.

 Grazie di tutto il cuore.

Noi suore Dge nella diocesi di Tricarico
che abbiamo partecipato
al   convegno   USMI   Regionale
della Basilicata.

Esperienza entusiasmante

Siamo un gruppo di undici tra ragazzi e ragazze tra i 15 ed i 20 anni e il 28 dicembre scorso, insieme ai nostri tre capi, durante l’attività invernale, per noi la Route invernale, abbiamo avuto il piacere di fare un’esperienza di servizio nell’Istituto delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, presso Villa Aurora a Ceglie Messapica. Un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) come ci è stato poi spiegato, gestito da cinque suore di nazionalità diverse, una mediatrice culturale e numerosi volontari che aiutano giornalmente nelle varie attività che il Centro richiede.

Subito dopo le presentazioni e le prime informazioni su cosa fosse  un CAS e su come funziona, i ragazzi sono stati guidati a visitare la struttura per vedere la cucina, il salone delle feste, l’angolo scuola, le varie stanze degli ospiti e il salone per il pranzo e la cena.

Durante la visita abbiamo avuto il piacere d’incontrare gli ospiti (per la maggior parte donne e bambini), di diversa nazionalità e religione. E’ stata per noi una piacevole scoperta sapere che alcuni ospiti lavorano con contratto nella città di Ceglie Messapica, sapere che hanno interiorizzato le norme del vivere insieme, della pulizia personale e degli ambienti che occupano.

Subito dopo i ragazzi ed i capi si sono divisi in tre gruppi per iniziare a fare servizio: un gruppo ha seguito le suore in cucina per dare una mano nella preparazione dei pasti, un altro gruppo si è dedicato alla pulizia del giardino e degli spazi esterni della struttura, l’ultimo gruppo ha seguito una volontaria per aiutarla a sistemare e fare una cernita dei vari indumenti arrivati dalle donazioni. In seguito, a pranzo pronto, abbiamo avuto il piacere di trascorrere un momento conviviale con le suore, condividendo il pranzo e dei pasti tipici della zona mesagnese.

Dopo aver rassettato il salone e la cucina, c’è stato l’incontro nel grande salone delle feste: i ragazzi infatti avevano preparato vari disegni e varie attività da far fare ai bambini presenti nella struttura. Con grande gioia sono arrivati i primi temerari, accompagnati dalle mamme, che hanno socializzato subito con gli scout e hanno trascorso con noi il primo pomeriggio. Nel tardo pomeriggio, invece, tutti gli ospiti sono stati invitati a raggiungere il salone, dove ci si è divertiti con balli e canti, seguiti da un momento di riflessione sulla pace, tradotto nelle varie lingue degli ospiti.

Dopo aver salutato gli ospiti e le gentilissime suore, abbiamo  ripreso la nostra strada, per continuare le attività previste dalla nostra Route.

Alla fine di questa esperienza vogliamo innanzitutto ringraziare tutti per l’opportunità che ci avete dato di aprire ed allargare i nostri orizzonti, e per la vostra ospitalità. Questa esperienza è stata per noi molto forte ed ha segnato tutti noi, aiutandoci ad apprezzare le piccole cose, ma soprattutto il dono della vita. Abbiamo appreso in prima persona le dinamiche di ciò che ogni giorno ascoltiamo in televisione e quello che ci è rimasto sono persone grate e volenterose, pronte ad adattarsi e sacrificarsi per vivere in libertà. Questi valori dovrebbero essere più comuni anche tra noi ragazzi, che abbiamo tutto, ma non lo apprezziamo abbastanza. Siamo stati contentissimi nel vedere la struttura ben utilizzata, pulita e ben gestita. Tutti gli ospiti sono stati molto felici del tempo trascorso insieme, proprio come lo siamo stati noi. E’ stata una bellissima scoperta vedere questa realtà che funziona bene (a parte i tempi burocratici per lo smistamento degli ospiti). Speriamo di poterci rivedere un giorno e passare altre splendide ore insieme.

I ragazzi, le ragazze e i capi del “Clan dei Girasoli”, gruppo scout Mesagne 1

Festa nuziale

Nella cattedrale di Tricarico il 03 settembre 2017, diciannove professe della Congregazione SDGE hanno fatto la Professione perpetua.

Il vescovo di Tricarico Mons. Giovanni Intini, che ha presieduto la celebrazione Eucaristica, retoricamente si è domandato “perche diciannove giovani donne fanno questa scelta di vita ?  Oggi queste donne stanno  rovinando la loro vita,  facendo una scelta che è fuori dall’era moderna? ”. La riposta, continua il vescovo, è nella prima lettura che la Liturgia propone: dal libro del profeta Geremia  7Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. 8Quando parlo, devo gridare, devo proclamare: “Violenza! Oppressione!”.  Così la parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno.     Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!”.  Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.”.

La vocazione è una chiamata del Signore a porsi alla sua sequela e la gioia e la grazia che vengono trasfuse, in abbondanza, non fanno avere dubbi: bisogna seguire il Maestro. Poi verranno le avversità della vita, come al profeta, proprio a causa del cammino di fede. Ma il Signore accenderà un fuoco ardente nel cuore che farà andare avanti nella fedeltà alla propria vocazione, anche attraverso mille tribolazioni.

Il vescovo conclude con questo augurio, che il cammino della vita sia fatto con entusiasmo pensando secondo Dio, seguendo i suoi progetti, mai mettendo noi stessi e i nostri progetti al posto di Dio.

Da Campobasso siamo partiti in ventiquattro, otto suore e sedici adoratori laici guidati da Sr. Marie Secundine superiora delle suore D.G.E., che svolgono il servizio nel Centro Eucaristico Chiesa della Madonna della Libera a Campobasso. Sr. Maria ha detto: “Dobbiamo andare, la sposa è uscita da questo Centro Eucaristico” riferendosi a Sr. Jovie,  una delle professe che ha preso i voti, ma anche a Sr. Laarnie, che ha svolto il suo servizio, qualche anno addietro, nella stessa chiesa; per loro tutta la comunità del Centro Eucaristico, suore e adoratori laici, hanno provato una forte commozione e una grande gioia.

Sì, la “sposa”, perché, come ha ricordato il vescovo Mons. Intini nell’omelia, le scelte vocazionali sono scelte nuziali perché fondate sull’amore.

E’ stata perfetta letizia vedere queste ragazze che con sicurezza e passione hanno promesso, una ad una, la loro totale dedizione all’adorazione perpetua di Gesù vivente nella Santissima Eucarestia; alla riparazione delle mancanze di amore; ad abbracciare per sempre la vita di perfetta castità, povertà ed obbedienza. Altra emozione è stata quando le professe in segno di totale umiltà e ringraziamento si sono prostate a terra mentre la schola cantorum intonava la litania dei Santi; lo Spirito Santo ha unito cielo e terra, la Madonna, gli Angeli e i Santi del paradiso si sono uniti in comunione con gli uomini e le donne presenti nella cattedrale per lodare, ringraziare e benedire la santissima Trinità per l’abbondante grazia donata.

E’ stata una gioia poter vivere questa festa nuziale insieme ad un gran numero di suore, di adoratori laici, di familiari delle professe e delle autorità: gli ambasciatori presso la Santa Sede, dell’Indonesia e di Timor Leste, della Sindaca di Tricarico e degli ufficiali dei carabinieri. Ma è stata soprattutto una gioia rivedere e salutare la Madre Generale Suor Maria Giuseppina, la Vicaria Suor Filomena, Suor Gabriella, Suor Marilinda, Suor Lucinèa e Suor Tiziana, che guidano con amore tenero di mamma le novizie e tutte le suore della congregazione che svolgono la loro missione in quattro continenti.

Ringraziamo il Signore per il dono della Congregazione Suore D.G.E. che ci ha fatto, tramite il Venerabile Mons. Raffaello delle Nocche, che tanto contribuisce ad edificare la Chiesa, vera Sposa del Signore Gesù.

Antonio e Lucia

Adoratori laici D.G.E. – Campobasso

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